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Una testimonianza dell’impresa balearica è l’epigrafe celebrativa incisa per ricordare il ritorno a Pisa della flotta e dell’esercito vittorioso, attualmente ubicata sopra la porta della Chiesa dei Galletti, in lungarno Pacinotti.

 

(Tradotto liberamente.)

Questa porta è chiamata Aurea perché ne è riservato l’accesso ai cittadini che si sono distinti: così vuole l’onore dovuto alle nobili imprese.

Sappiate che questa città è l’onore di tutto l’Impero, perché è suo costume punire le feroci cervici dei malvagi.

La rabbiosa aggressività della maggiore delle Baleari era divenuta insopportabile, per questo Maiorca dovette sperimentare la potenza di Pisa; altrettanto toccò, quando essa fu vinta, a Ibiza: nell’anno millecentosedici da quando la Vergine Maria concepì Dio, il vittorioso popolo di Pisa le vinse ambedue: ne fa fede la duplice strage. Abbiate di mira la Giustizia, voi che giudicate la terra.

 

"L’epigrafe, commenta il prof. Ottavio Banti, nel bollettino storico pisano (LXX/2001), in origine era collocata presso una delle porte della cerchia alto-medioevale di Pisa, quella detta Aurea, che si apriva in prossimità della riva destra dell’Arno. Secondo un uso che si riscontra anche in altre città medioevali, essa si propone come un messaggio rivolto al forestiero che si accinge ad entrare in città. Di tale usanza sono noti vari esempi come l’epigrafe che si legge su una porta di Siena -“Cor magis tibi Senapandit”- o quella, certo più famosa, che l’Alighieri immagina scritta sulla porta d’Inferno: “Per me si va nella città dolente” (con quel che segue). L’epigrafe di Porta Aurea, come vedremo, ha però ben diverso contenuto.

Incisa su una lastra di marmo di forma rettangolare (cm. 55x73), questa epigrafe occupa in tutto undici righe di scrittura, di cui una, la sesta, è in caratteri di dimensioni molto più piccole delle altre ed è inscritta quasi a forza nel breve spazio interlineare tra le righe 5 e 7.

Si tratta evidentemente di una riga di scrittura maldestramente aggiunta in un secondo momento, quando il resto del testo era già stato inciso sullo specchio lapideo, per ovviare ad una grave dimenticanza (aveva tralasciato un intero verso) dovuta all’ordinatore. Un rimedio che disturba non poco l’insieme del manufatto epigrafico, che si presenta per altri aspetti accurato. Si deve invece alle traversie, a cui andò soggetta nel corso dei secoli la lastra, se sono venuti a mancare quasi del tutto gli spazi marginali, e se i margini sono ora imprecisi o frastagliati, in particolare quello di destra, dove si constata anche la caduta di lettere delle righe 1,7,10,11. Anche la superficie dello specchio ha subito qualche danno all’altezza della riga 2.

Questo testo, costituito da cinque distici e concluso da un motto scritturale, può essere suddiviso in due parti principali, di cui la prima (distici 1° e 2°), funge da necessaria premessa al messaggio affidato all’epigrafe, che ne costituisce la seconda parte; la prima parte infatti presenta (distico1°) la Porta Aurea, su cui presumibilmente era collocata la lastra, spiegandone la funzione che la caratterizza e la rende particolarissima ( è la porta riservata all’onore del trionfo che Pisa tributa a quei suoi cittadini che si sono distinti per gesta particolarmente onorevoli), ed esalta la città di Pisa (distico2°), che per le sue imprese guerriere è motivo di orgoglio per tutti i popoli su cui si estende il Sacro Impero Cristiano, perché impone con le armi il rispetto della Giustizia ai malvagi, (e i malvagi sono in particolare i nemici del popolo cristiano, come si arguisce dal seguito del testo).

Un sottile legame concettuale unisce tra loro i due distici: Pisa, come l’antica Roma, onora con un trionfale ingresso in città, per la Porta Aurea, i cittadini che si sono distinti in imprese di guerra, da essa decise, come le impone la sua missione, per sostenere e difendere la giustizia.

La seconda parte del testo (distici 3°-5°) espone lapidariamente il messaggio dell’epigrafe:  la celebrazione dell’impresa balearica, di cui rievoca per rapidi cenni la motivazione, nella volontà di porre fine alla bestiale violenza (rabies) del regno maiorchino; i momenti decisivi segnati dalle due vittorie strepitose, la data del memorando ritorno in patria dell’esercito vittorioso.

Conclude l’epigrafe metrica un solenne passo scritturale -l’undicesima riga- che ne sintetizza l’intero messaggio nel richiamo al perseguimento e al sostegno della Giustizia rivolto a chi ha ricevuto (da Dio) il potere sui popoli: “Diligite iustitiam qui iudicatis terram”.

L’epigrafe di Porta Aurea dunque, si caratterizza, rispetto a quelle di altre porte, per il modo letterario ma anche ispirato, secondo cui è concepita e per lo scopo che le è assegnato. A differenza di quella senese, non è un motto o un saluto rivolto al forestiero, né un ammonimento e un monito come quella dantesca, ma la celebrazione di un’impresa militare audace e fortunata e l’affermazione della missione provvidenziale assegnata a Pisa e al popolo pisano di “difensore” della Cristianità. La celebrazione dell’impresa balearica diventa, in questi distici, l’occasione per la proclamazione di un forte e orgoglioso messaggio politico.

E la solennità del messaggio, la grandezza dell’evento vittorioso,” tutto pisano” in questi versi, acquistano particolare significato e risalto se si considera che venivano a soli tre lustri dalla conclusione dell’impresa gerosolimitana a cui aveva partecipato l’intero Occidente: veniva a dire che Pisa con quella sua “crociata” in terra lontana, per la quale aveva impegnato tutte le sue forze per molti mesi, aveva liberato le popolazioni costiere e le rotte marittime del Mediterraneo occidentale da pericolosi e aggressivi nemici, si era guadagnata la riconoscenza della Christiana Res Publica e il riconoscimento della sua “missione” per cui tutti guardavano a lei come “decus Imperii”, onere e vanto dell’Impero.

Alla “rabies improba multum”, alla ferocia belluina, manifestazione di una volontà di violenza senza remore, il popolo pisano, per la missione di cui si sentiva investito, aveva apposto la forza e così aveva ristabilito la giustizia conculcata : questa la motivazione più vera della straordinaria impresa balearica. La frase scritturale che conclude la composizione metrica è la sintesi del messaggio dell’epigrafe ed è insieme un monito severo per i vinti che la giustizia avevano violato con le loro imprese malvagie; ma anche per gli stessi vincitori, perché si conservino degni del difficile e grave compito loro affidato per un misterioso disegno provvidenziale.

Il popolo di Pisa, ha accettato questo compito: non per amore di dominio, di avventura o di preda, ma per punire, come giustizia impone, le violenze e le aggressioni fatti ad esso come ad altri popoli cristiani. Giusta è la guerra fatta per opporsi alla ingiustificata violenza, e giustizia è la giusta punizione dell’aggressione.”